13 gennaio 2016
Il Fatto Quotidiano
Vincenzo Tessandori
Europa, il mondo, un giornalista: sono i pilastri, meglio, i protagonisti di Scaccomatto all'Occidente, romanzo d’esordio di Antonio Maria Costa. Oltre alla sua fantasia, certo fervida, l’autore vi ha rovesciato ricordi ed esperienze raccolti in oltre quarant’anni all'Onu, nell’Unione europea, alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) e all’Ocse.
Insomma, è uno assai informato e generoso nel farci partecipi di alcuni chiamiamoli segreti. Ma meglio non cader in equivoci, questo non è un quaderno di memorie ma una storia dalle tinte forti che oscillano fra il giallo e il nero, solida ed elegante, capace di coinvolgere e convincere. Subito si avverte un retrogusto anglosassone, il piacere sottile del racconto d’insieme e quello sottile della ricerca del dettaglio: il tutto non guasta né appare appare casuale, considerato che l’autore ha scritto in inglese.
Dunque, l’Europa come abbiamo sognato che fosse, ma non è; il mondo come appare e non vorremmo; un giornalista di quelli che “verificano, verificano e verificano di nuovo” prima di scrivere o declamare dall’invadente e intrusivo pulpito chiamato piccolo schermo.
Una spy story molto attuale. Il giornalista, stella di una potente e onnipresente rete televisiva con sede a Parigi, sorta di risposta europea all’americana Cnn, s’imbatte su affari e loschi traffici che faccendieri, trafficanti, manigoldi, politici e, soprattutto, le banche intrecciano in questa Europa nella quale lui, come molti di noi, tante speranze aveva riposto. Per uno scampolo di indiscrezione su un traffico d’armi nucleari viene inviato a Grigoriopol, in Transnistria, non più Unione Sovietica, dalle parti dell’Ucraina, un luogo che parrebbe fuori dall’universo mondo, se non fosse così vicino e reale. Laggiù, è il sussurro, soldati russi rinnegati offrono il meglio o il peggio del loro armamentario ai “clienti”, che poi sono i rinnegati dell’umanità con le tasche colme di petrodollari.
Il giornalista verifica, rischia il dovuto e anche il non dovuto, raccoglie conferme. Ma, rientrato in redazione, gli comunicano che l’informazione era sbagliata, semplicemente il fatto non esiste, quindi, meglio dimenticare e occuparsi d'altro. Lui, esemplare di una razza quasi estinta, non lascia perdere, anche se non sembra avere alternative.
Riprende ad arare lo sterminato campo della finanza, a frugare fra i segreti delle banche, che sono innumerevoli e tutti inquietanti. Del resto, in questa Europa, in America, nel vicino o nell’estremo oriente, ovunque posi il guardo, affari e malaffari esplodono come ordigni a catena.
Il libro si legge con piacere e non è un male che sia quasi impossibile ignorare l’invito alla riflessione: solo fantasia gli inseguimenti, gli attentati, gli intrighi dei colletti bianchi e di quelli macchiati? Oppure, ciò che ci scorre sotto gli occhi altro non è che verità velata da finzione?
Campione ormai raro, il giornalista finisce per trovarsi nell’occhio di un ciclone che minaccia di travolgerlo. Consapevole di giocarsi il posto ma anche la pelle, e qualcuno, che gli è molto vicino, ce la rimette, la pelle, sa di non aver scelta. Perché, malgrado tutto, non vuol rinunciare a credere nel suo mestiere. E nell’Europa.